giovedì 5 gennaio 2017

Parole, per raccontare emozioni

di Sonia Scarpante *
(ap) La scrittura come analisi di se stessi, interpretazione delle proprie emozioni, recupero delle energie smarrite: un viaggio interiore faticoso ed impegnativo ma efficace, ed utile. Nel quale non è dato solo apprendere delle tecniche ma si cerca in primo luogo una cura di sé, delle ferite che accompagnano i nostri passi quotidiani, una elaborazione dei propri “lutti”, per liberare alla fine le forze che custodiamo e che ci possono aiutare a ritrovare un equilibrio, a crescere come persone. Non di rado, ad essere anche felici. Un lavoro individuale e collettivo condotto dall’autrice nel suo blog, nei testi che scrive, nei corsi che organizza.

Perché parlo di Scrittura terapeutica? Quali motivazioni mi spingono a farlo?
Parlo di scrittura terapeutica perché il mio inizio di vita nuova parte proprio dalla mia autobiografia Lettere ad un interlocutore reale.
Che cosa mi ha insegnato quel viaggio autobiografico?
Che la scrittura è veramente un mezzo potente, un aiuto fondamentale per chi è alla ricerca di un miglior equilibrio interiore.
La chiamo terapeutica perché, attraverso il lavorio continuo di una scrittura salvifica, si evince quanto essa ci possa aiutare nell’elaborare anche la sofferenza più acuta, a superare traumi di cui molti di noi portano sul proprio corpo stigmate evidenti, a sciogliere nodi, a risolvere fragilità affettive. A vincere vecchi sensi di colpa.
Grazie alla scrittura ho imparato a confrontarmi con la faccia poliedrica di ciò che ognuno di noi chiama il suo “me stesso”; ho imparato a recuperare un mio senso; ho imparato a vedere nelle mie emozioni dando loro parola. Senza temere.
La scrittura terapeutica, intesa come ricerca individuale e pratica, incrementa le forze legate all’interiorità e in tal senso migliora la qualità della nostra vita.
Ancora, la scrittura terapeutica può essere considerata uno degli strumenti conoscitivi, non ultimo e nemmeno risolutivo, ma confacente al soggetto che ad essa si rivolge per attingere e imparare a sostenersi.
Nel lavoro prima individuale e poi collettivo, che la scrittura può sviluppare, matura una predisposizione più marcata verso chi sta raccontando di sé, un’attenzione più sentita, un senso nuovo della vita altrui e della nostra dove la fiducia diviene elemento dominante, amalgama di sostanziale forza che aiuta a stemperare le complesse vicissitudini dei vissuti.
Attraverso la narrazione autobiografica ho imparato a svelare me stessa nelle diverse sfaccettature che mi compongono, ho imparato a sanare le relazioni affettive, a sciogliere pericolosi nodi esistenziali, a dare voce e a risolvere anche sensi di colpa, a riconciliarmi con quegli eventi difficili che nella mia vita si erano assopiti e depositati nei meandri della memoria.
In questo lavoro di scavo sono essenziali due peculiarità, bisogna nutrirsi di coraggio nel rivedere se stessi e di fiducia in ciò che andiamo a costruire.
La scrittura terapeutica è un viaggio introspettivo forte e impegnativo in grado di offrire nuove possibilità per ascoltarsi e conoscersi meglio, un viaggio che ci porta su strade nuove e opportunità inimmaginabili.
Durante questo tragitto introspettivo si impara a parlare di emozioni e sentimenti senza sentirsi giudicati, a riconoscere nella storia dell’altro analogie con la propria, a condividere una sofferenza e a diventarne più consapevoli. La possibilità di scrivere su di sé e rivedersi da prospettive differenti anche grazie allo scambio degli altri partecipanti e ai rimandi del conduttore sfocia in una sensazione di benessere psicofisico che risveglia risorse personali fino a prima dimenticate o nascoste.
Il percorso con la scrittura terapeutica prende vita all’interno di un gruppo, in cui ogni partecipante è invitato a scrivere di volta in volta lettere, tra le quali la prima è indirizzata a se stessi (metodologia pratica che fa riferimento al testo: Parole evolute. Esperienze e tecniche di scrittura terapeutica, Ed. Science).
Seguono poi lettere intitolate ai nostri interlocutori e a familiari, nonché lettere incentrate su emozioni e paure o su altre situazioni specifiche con cui ci troviamo spesso a fare i conti.
Il primo importantissimo passo da fare è accettare se stessi, perdonarsi e amarsi. Tale metodo di scrittura in campo medico viene definito come “terapia coadiuvante” da prescrivere accanto a quella farmacologica per il valido aiuto psicologico che fornisce al paziente.
La scrittura, dando materialità all’inesistente, quindi, permette di sentirsi e vedersi attori di un’altra realtà.
 Da qui l’importanza psicologica che la scrittura riveste nel nostro modo di prefigurare il cambiamento, di darci una nuova immagine di noi stessi, di prevedere per noi un “io autentico”, tutto da scoprire e da ricostruire.
Possiamo affermare che la scrittura rappresenti una forma di emancipazione, un serio contributo per costruire un domani di persone più appagate e consapevoli.
Può la Scrittura Terapeutica svilupparsi in Scrittura performativa? Perché possa avvenire questa evoluzione quali aspetti non devono essere tralasciati?
Il lavoro di scavo nelle memorie genitoriali ad esempio è di fondamentale importanza, il tema della casa della propria identità, il legame con i figli, con il proprio compagno, scavare all’interno dei propri sogni ma anche e soprattutto delle proprie resistenze, delle fatiche che si manifestano in stili ripetitivi, e poi una certa analisi di sé attraverso libere associazioni con un elemento naturale, un oggetto, o un viaggio. Tutto questo fa sì che la scrittura da terapeutica possa trasformarsi in performativa.
So quanto la riflessione scritta su questa tematica possa costare in termini emotivi e di introspezione, ma conosco bene, per averli vissuti in prima persona, anche i benefici cui permette di arrivare, una volta trovato il coraggio di affondare il bisturi nella ferita e di cauterizzarla con l’aiuto della parola scritta.

* Sonia Scarpante è Presidente dell’associazione “ La cura di sé”.
Riferimenti:

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